Una delle cose che mi affascinano sempre, quando tengo corsi in aula, è la scoperta di punti di vista a cui non avevo mai pensato. Spero non me ne vogliano i partecipanti al mio ultimo corso se prendo ad esempio alcune loro frasi, alcuni modi di pensare.
Durante l’ultimo corso sulla gestione dello stress uno dei partecipanti ha scritto “troppa felicità mi spaventa, è difficile da gestire. Troppa felicità fa impazzire”. Una parte di me concorda: non è la felicità che perseguo, ma quella serenità che permette di migliorare ogni giorno. Però quella frase “troppa felicità fa impazzire” mi stupisce.
Ed ecco che, leggendo le schede di valutazione del corso, poco dopo trovo scritto, nella scheda dello stesso partecipante, un suggerimento per migliorare il corso: “far parlare di più i partecipanti. Farli uscire da se stessi”. La prima richiesta è più che attesa: si trattava di un corso in ambito professionale, e i partecipanti erano davvero numerosi, quindi l’interattività era forzatamente ridotta, e certi argomenti non sono stati affrontati per evitare di entrare troppo nell’ambito privato, e riservato, dei partecipanti. La seconda richiesta (farli uscire da se stessi), invece, mi fa rimanere immobile. E mi fa riflettere. A quali condizionamenti può essere stata sottoposta una persona che ritiene che “la felicità fa impazzire” e vorrebbe “uscire da sé”. Facile intuire quanto i due elementi sono collegati. Facile intuire come quella persona sia immobilizzata, incatenata. Mi piacerebbe aiutarla a sciogliere quelle catene, perché so che è possibile.
Un altro partecipante ha invece commentato l’esortazione a smettere di dire a se stessi “devo fare questo, non devo fare quest’altro”, imparando invece a dire “voglio” o “non voglio”. Certo, i bambini devono essere educati, e per loro il devo ha un significato di regole e di sicurezza, ma per l’adulto ritengo indispensabile il recupero della libertà, e il pieno potere sulla propria vita.
Un partecipante al corso mi ha scritto: “dire voglio farlo è per me un ulteriore stress perché se così faccio mi devo anche convincere che chi sta attorno a me non mi sta obbligando ma sono io che magari "voglio fare qualcosa di cui farei anche a meno”. Osservazione interessante, ed emblematica.
Tante volte mi hanno raccontato come l’essere umano stenta ad uscire anche da situazioni sgradevoli perché le abitudini consolidate sono, in fondo, rassicuranti anche se provocano malessere. Io sono stata fortunata: le mie situazioni sgradevoli lo erano al punto che non mi era proprio possibile accettarle. E mai come leggendo quella frase mi sono resa conto di quanto, per qualcuno, l’idea di diventare proattivi e prendere in mano le redini della propria vita provochi paura, generi stress.
Vorrei davvero poter fare di più.