Non è il libro più recente di Rifkin (ne è appena uscito uno nuovo in italiano), e forse nemmeno il più significativo. Ma secondo me è attualmente il più bello.
Rifkin è un economista, anche se il termine è limitativo perché è un economista capace di guardare la società. Vent’anni fa fece scalpore il suo libro La fine del lavoro (di cui ho parlato spesso), che descriveva con incredibile capacità di visione a lungo termine ciò che si è poi manifestato con l’ultima crisi economica. Leggendo La fine del lavoro quando uscì, si vedevano i segnali e sembrava che ci incamminassimo verso una sorta di catastrofe sociale. Letto oggi spiega molto bene alcuni perché del mondo in cui viviamo.
Con La civiltà dell’empatia Rifkin parte dalla scoperta rivoluzionaria, fatta da neurologi italiani, dei neuroni specchio: struttura cerebrale di cui è dotata la razza umana capace deputata all’empatia, e ripercorre la storia, rileggendola alla luce di questa scoperta.
Un viaggio affascinante nel passato, un rilettura dei fatti, e una nuova prospettiva.
Il viaggio non si ferma, arriva all’oggi e va verso il futuro.
L’empatia viene così messa in relazione con le rivoluzioni industriali, con il consumismo sfrenato, per arrivare ad essere, forse, la base su cui costruire la vera sfida: il salvataggio ecologico del Pianeta.