Un tempo pregavano quasi tutti. E non si trattava certo di preghiere frettolose!
La preghiera era un rito, recitato a memoria. Talvolta senza conoscere appieno il significato delle parole, perché la messa e alcune preghiere erano rigorosamente in latino.
I bambini, poi, recitavano vocaboli incompresi e per loro incomprensibili, o frasi a cui davano un significato, distorcendole in maniera assurda.
Il dialogo diretto con Dio, con i Santi suoi intermediari, quando si sentiva la necessità di dire qualcosa di particolare, e se ne trovava il coraggio, era un di più, un’aggiunta che veniva fatta di libera volontà ai Pater noster, Salve Regina, Confiteor, …
Oggi tutto questo è quasi sparito. E chi prega in questo modo è quasi deriso.
È invece diventato comune trovare centri di meditazione o persone che vanno a meditare.
È cambiato qualcosa? C’è differenza tra la preghiera rituale e la meditazione?
Sostanzialmente no.
La meditazione è una preghiera: un modo per sentire l’armonia dell’universo, avvicinarsi a Dio, raggiungere la propria anima.
Da un punto di vista neurologico entrambe le situazioni portano il cervello a lavorare prevalentemente in onde alpha e talvolta in stati più profondi di onde theta o addirittura delta. Stati che favoriscono le illuminazioni, la consapevolezza.
Si può quindi meditare, o recitare il rosario: gli effetti sono esattamente gli stessi, a parità di umiltà e desiderio di accettazione del Divino della persona.