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Perché rifiuto di darmi martellate sui calli

Perché rifiuto di darmi martellate sui calli - Ching & Coaching

Responsabilità, benessere, salute e desideri

È sufficiente aprire FB, o Linkedin, o girellare un po’ su Internet per trovare tantissimi suggerimenti per realizzare una vita fantastica. Si naviga tra pensiero positivo, realizzazione dei sogni, vite perfette e tante belle frasi, spesso estrapolate dal contesto.

Va tutto bene, fino ad un certo punto.

Io sono cresciuta sentendomi responsabile delle mie azioni, delle mie competenze, dei miei risultati scolastici … Un bel voto a scuola era ovvio: avevo fatto il mio dovere. Un brutto voto era perché non avevo studiato abbastanza. Punto. Quando all’università ho cominciato ad avere attacchi di panico ad ogni esame, un po’ per le mie insicurezze e un po’ grazie alla professoressa di matematica, mio padre ha reagito dichiarando che non valeva la pena mantenermi se non andavo avanti. Quando ho avuto, anni dopo, problemi sul lavoro, l’unica domanda di mio padre era “Di cosa sei colpevole?”, dando per scontato che la responsabilità era mia. Severità forse esagerata, ma raccontata solo per dire che, per carattere e per educazione, non rifuggo le mie responsabilità.

Però tutta quella pubblicità sulle formule per il successo mi dà un po’ sui nervi e finisco per dovermi quasi giustificare sul perché. Certo, significa che la pubblicità funziona. O forse non si chiama più pubblicità, ma marketing virale. Poco importa, vi spiego comunque le mie ragioni.

Il primo concetto che rifuggo è quello di dover ambire al successo. Niente di nuovo sotto al sole: Giulio Cesare dichiarò “Preferirei essere il primo in questo modesto villaggio che il secondo a Roma”. Divenne il primo a Roma, e fu ammazzato piuttosto brutalmente. Non so se mi piacerebbe. Non ho nulla contro l’ambizione, e mi ritengo ambiziosa anch’io, ma condivido il pensiero di Albert Einstein: Non cercare di diventare un uomo di successo, ma piuttosto un uomo di valore.

E poi bisogna intendersi su cosa sia il successo. Ciascuno ha la sua visione di successo. A me vengono in mente Nelson Mandela, ma non so se accetterei i suoi 27 anni in carcere. Penso a Steve Jobs, ma parecchie fonti dicono che umanamente fosse piuttosto stronzo e davvero infelice. Credo che Malala Yousafzai possa essere considerata una persona di successo, ma ritengo anche che del successo personale non gliene importi assolutamente nulla: lei vuole il diritto all’istruzione per tutte le donne del mondo. Penso che anche Al Gore sia un uomo di successo, ma la sua ambizione era diventare presidente degli Stati Uniti e ha vinto il Nobel prendendo al volo un’opportunità, quindi in realtà è una conferma del mio pensiero, non delle teorie dilaganti.

Bene: a quanto pare per me il successo contempla almeno un premio Nobel. E i soldi? Certo che non mi dispiacciono, ma non penso che siano davvero la meta da perseguire.

La fama? Il numero di followers su FB? Lasciamo perdere: appartengo ad un’altra generazione.

Il secondo elemento che mi disturba ha a che vedere con la colpa. Visto che è possibile, e in fondo è anche facile, ottenere tutto quello che desideri, ne consegue che se non lo ottieni è colpa tua.

Io credo fermamente nel concetto che cercare i colpevoli sia la peggiore perdita di tempo e di energie possibile. E ricordo perfettamente di una discussione avuta con qualcuno che si ostinava a rifilare colpe a destra e a manca. Quando gli dissi che attribuire colpe non lo avrebbe aiutato a risolvere i problemi, mi rispose “sì, certo, ho anch’io la mia dose di colpa”. Dimostrando, così, che aveva capito tutto. Perché se cercare i colpevoli non serve, attribuire a se stesso la colpa è puro masochismo. E visto che l’educazione ricevuta mi impedisce di cercare colpevoli esterni, lasciatemi almeno rifiutare drasticamente di auto-colpevolizzarmi, di darmi, appunto, martellate sui calli.

E veniamo al terzo elemento che contesto. Negli oltre vent’anni passati in azienda, spesso a qualche genio veniva in mente di chiedere ai medici quali prodotti avrebbero desiderato, in modo da ricevere input per i nuovi sviluppi. Ubbidienti, abbiamo fatto indagini, gruppi di lavoro, interviste più o meno finalizzate, … senza ottenere risultati utili. Era prevedibile: la stragrande maggioranza degli esseri umani adulti è in grado di immaginare solo qualcosa che già conosce, che magari desidera migliorare, ma raramente vagheggia qualcosa di totalmente sconosciuto e, se lo fa, generalmente non è in grado di spiegare in maniera razionale e costruttiva ciò che la sua fantasia ha prodotto.

È inutile che studiamo pensiero creativo, facciamo brainstorming o usiamo altre, pur utili, tecniche. E, a questo proposito, è piuttosto famoso l’esperimento della porta che si apre tirando in su la maniglia: solo i bambini riescono ad aprirla al primo colpo, mentre gli adulti provano almeno un paio di volte la strada tradizionale. Siamo costruiti così, e ci sono indubbi vantaggi in questi nostri meccanismi: si chiamano bagaglio di esperienze. Anche gli errori servono a questo, ad imparare, e sono utili e belli. L’importante è non commettere ripetutamente gli stessi errori.

Dobbiamo dunque rassegnarci a condurre una triste vita in cui facciamo più o meno sempre le stesse cose? Assolutamente no. Come dice Ligabue, niente paura, ci pensa la vita. Ci pensa la vita a metterci davanti opportunità sconosciute e impensabili. Al Gore voleva fare il presidente degli Stati Uniti. Ha più o meno perso le elezioni e si è dedicato a qualcosa che evidentemente gli piaceva, lo convinceva e lo divertiva. E ha vinto un Nobel.

Mio padre, nel suo piccolo, voleva diventare proprietario di una farmacia. Non avendo i soldi per comprarla, si è rassegnato ad usare l’altra sua laurea e si è messo a insegnare, poi a scrivere libri di testo per le scuole. Negli anni ’60 ne ha venduti oltre 5 milioni di copie.

Perseguire un sogno è, secondo me, più bello che utile. Inseguiamo quindi i nostri sogni, ma sempre tendendo occhi, cuore e cervello aperti verso l’impensabile, perché in realtà è lì che andremo e potremo trovare la nostra realizzazione.