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Esagramma 29. KKANN – L’abissale

Esagramma 29. KKANN – L’abissale - Ching & Coaching

Il pericolo, e come uscirne

Difficile rimanere calmi quando esce l’esagramma 29: per molti aspetti può essere considerato uno dei peggiori, anche dai più tranquilli e ottimisti di noi.

Eppure è un esagramma illuminante, ricco di consigli, ed è molto utile. È ovvio, infatti: la vita presenta momenti davvero difficili, ed è necessario affrontarli nel modo migliore.

L’esagramma 29 è uno dei segni doppi: sia il trigramma superiore che quello inferiore significano acqua. Noi non siamo pesci, l’acqua non è il nostro elemento, e acqua sopra e sotto rappresenta un pericolo. Non si tratta di uno stato d’animo, né di un rischio soggettivo, ma di un vero pericolo oggettivo, e non si tratta neanche di una situazione di passaggio: si è immersi nel pericolo. Non importa quanto tempo dura, sembrerà comunque lunghissima. Il segno indica imbrogli, rapine, rischio di abuso di alcool o droghe, situazione decisamente negativa.

Tuttavia, secondo me, ci sono alcuni elementi importanti che vanno segnalati e ricordati.

Innanzi tutto il segno indica possibilità di successo, una volta usciti dal pericolo. La sentenza recita: “Se sei verace hai riuscita nel cuore, e quello che fai ha successo.

Ma è l’immagine quella che più mi ha colpito: “L’acqua scorre ininterrottamente e arriva alla meta: L’immagine dell’abissale ripetuto. Così il nobile incede in durevole virtù, Ed esercita l’arte dell’insegnante.”

Così l’esagramma indica il modo per uscire dal pericolo. Quando si è travolti da una grande massa d’acqua in movimento non serve opporre resistenza, si finirebbe sicuramente per annegare. Bisogna lasciarsi trasportare dall’acqua, ricordandosi solo di emergere per respirare, e l’acqua stessa ci porterà fuori dal pericolo.

C’è una situazione particolare che, per la mia esperienza, richiede esattamente questo comportamento: l’elaborazione di un lutto. La sofferenza è enorme, certo. Il rischio della depressione è presente. Negare il lutto, far finta di niente, ripetersi che la vita deve continuare può solo peggiorare la situazione, perché i lutti vanno elaborati, non cancellati. In questi casi è importante accettare di essere sommersi dal dolore, senza crogiolarsi in esso. Non bisogna sentirsi in colpa per gli istanti di gioia o di serenità che, pur immersi dal dolore, la vita ci offre: servono a respirare, non sono una mancanza di rispetto per chi non c’è più. poco alla volta, con pazienza, sarà il dolore stesso a riportarci alla vita inducendo in noi cambiamenti profondi. È una frase fatta, ma è profondamente vera: la sofferenza può renderci migliori, purché la sappiamo vivere ed elaborare. Ovviamente non va cercata, ma quando arriva non va combattuta, ma elaborata.

E in questo contesto trovo anche molto significativo il riferimento all’insegnamento. Chi impara a migliorare se stesso anche attraverso il dolore può diventare un insegnante di vita, perché “Non si insegna quello che si vuole; dirò addirittura che non s'insegna quello che si sa o quello che si crede di sapere: si insegna e si può insegnare solo quello che si è.” Jean Jaurès.